Il Cuore di Sabbia - Het di Background

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    Il Cuore di Sabbia


    Klodia Flaminia Stazio stava in piedi, ritta e fiera, al centro del Coliseum della città di Revanna.
    Migliaia di persone la stavano guardando, come guardavano pure il suo alto ed imponente avversario.
    Le urla degli spettatori sovrastarono persino il suono delle trombe che annunciarono l'inizio del combattimento.
    Klodia cercò tra le tribune d'onore, appena sotto l'Imperatore ed i membri più altolocati della Famiglia Imperiale, suo Padre, il Grande Mago di Corte.
    Lo riconobbe, nonostante la distanza, dalla bella veste da Arcimago, porpora ricamata in oro, e tempestata di pietre preziose, che indossava.
    Levò la scimitarra in alto per salutarlo. La folla, in delirio, la osannava.
    "Klodia! Klodia! Klodia!" - urlavano, intonando il suo nome come se fosse un canto di guerra.
    Molte di quelle urla si ripetevano, identiche, per il gladiatore che, di volta in volta, raggiungeva la popolarità. L'amore della folla era come quellod un marinaio: intenso, ma fugace, mai duraturo.
    Pochi gladiatori riuscivano a durare più di qualche anno di scontri, anche contando che gli incontri minori non si concludevano con la morte, di solito.
    Ma alla fine, fatalmente, la fortuna di quelle stelle cadenti, di quegli astri dalla breve vita nel firmamento della popolarità, finiva inevitabilmente per l'esaurirsi, e anche il gladiatore più esperto soccombeva, trovando una morte spettacolare.
    Il suo avversario - notò Klodia - era molto innervosito, si capiva che quello non era il luogo dove avrebbe voluto stare.. e nemmeno il mondo dove avrebbe voluto trovarsi, probabilmente.
    Nonostante la stazza enorme, egli appariva a disagio, quasi malfermo su quelle due robuste gambe. Il torso era gigantesco, e doveva essere tale per ospitare la muscolatura adatta a sostenere ben quattro braccia, con due coppie di spalle.
    La testa era mostruosa, con due enormi zanne che si protendevano dalla bocca, donandole un aspetto orchesco.
    Ma non era un orco l'avversario che Klodia avrebbe combattuto oggi: era un abitante di Eritros, uno di quelli che chiamavano i Verdi.

    L'essere - chiamare mostro un essere che sapeva maneggiare armi da fuoco letali e sofisticate appariva grossolanamente inesatto - si rivolse a Klodia, e le urlò.

    "E' forse questo l'insulto che mi volete porre? Devo far finta di combattere contro una piccola, esile donna umana?" - disse.

    Klodia non era piccola, ma certo non era eccessivamente imponente. E l'alieno era nel giusto a sostenere che lei fosse esile. Purtroppo, sin da bambina aveva sofferto di una lieve forma di debolezza che, pur non impedendole di essere straordinariamente agile e scattante, le conferiva una forza tutto sommato limitata.

    "Non sarai mai una guerriera, Klodia!" - le dicevano - "con la tua forza risibile. Metti a frutto piuttosto la tua intelligenza spiccata, e diventa una Maga come tuo padre! Sarebbe una follia fare diversamente".
    Klodia si avvicinò con calma all'essere, che era nudo. I genitali - notò - sembravano tutto sommato umani (tralasciate le dimensioni del pene, privo di prepuzio, che erano adeguate ad un essere che superava abbondantemente i due metri di altezza), ancorchè il colore verde della pelle glieli facesse sembrare alquanto esotici.

    E così, tanto per sfida, ma in realtà per precise ragioni derivanti dal suo stile di combattimento decise di spogliarsi. Si tolse la ridicola e striminzita armatura di cuoio che indossava - che aveva indossato unicamente per motivi di decenza - e pure i pantaloni. Sotto, non portava nulla, e il suo corpo era stato stupendamente depilato, in modo che solo una striscia attentamente acconciata di peli pubici stesse, a testimonio del fatto che quel particolare colore dei capelli che aveva, rosso scarlatto, era totalmente naturale.
    A quella visione di nuda bellezza, di lussuria mista alla sensazione della violenza imminente, la folla esplose in delirio, e le urla di acclamazione si fecero ancora più forti. La visione della femminilità di Klodia era qualcosa che, anche da quella distanza, non si dimenticava.

    L'eritrosiano si mise a ridere, una risata crassa e semi bestiale che avrebbe agghiacciato molte donne, ma non Klodia.

    "Non ti manca lo spirito, donna, ma se pensi che la visione delle tue pudende sia attraente per me, ti sbagli di grosso! In realtà, ti considero mostruosa ed orribile e preferirei accoppiarmi con un calot femmina!"
    - ruggì, snudando le zanne e sputacchiando.

    Klodia non sapeva cos'era un calot, ma certamente riteneva che si trattasse di un animale inferiore, e che quello fosse un insulto bello e buono.
    Non si scompose minimamente. Non reagì, se non con un piccolo sorriso, per far capire che il suo insulto non aveva trovato il minimo spazio in lei.
    Si avvicinò all'essere, indossando unicamente la sua scimitarra, e gli oli costosi con i quali il suo corpo era stato unto. Olii profumati, che le avrebbero garantito di avere un buon odore anche dopo il combattimento.
    Olii che avrebbero coperto l'odore ferroso del sangue, e che, incidentalmente, la rendevano estremamente scivolosa e particolarmente difficile da afferrare. La lotta era infatti il punto debole di Klodia e lei utilizzava lo stesso espediente che da migliaia di anni utilizzavano i lottatori del pancrazio.
    Anche l'eritrosiano si avvicinò lentamente a lei, per studiarla. In mano aveva quattro spade lunghe di foggia non particolarmente buona, ma dall'aspetto efficiente: una per ciascuna mano.

    Giunse a pochi passi da lei. "Questo è un insulto che non merito"- disse - "Questo dovrebbe essere un combattimento leale? Non solo ti mancano due braccia, ma indossi persino un'arma sola. Non so quale follia ti abbia convinto a misurarti con me, ma, raazza, non avrò lo stesso alcuna pietà di te."

    Nelle sue parole si leggeva onore, e rincrescimento per il fatto di dovere affrontare uno scontro contro un avversario ritenuto inferiore. Nonostante tutto, si disse Klodia, quella non era una bestia senza cervello. Era un guerriero, con un codice d'onore, proprio come Klodia.

    Lei lo guardò, fiera nella sua nudità, con il seno sodo che svettava fiero, ed il tatuaggio che le occupava il fianco destro perfettamente visibile nella sua interezza.

    "Con chi ho l'onore di combattere?" - chiese Klodia - "Dimmelo, affinchè possa ricordarti, poi."

    "Con Zorg Drak, che fu luogotenente del Thark Vraban Glor." - gli fece l'eritrosiano, con orgoglio. - "E che è stato imprigionato senza motivo per un'offesa al vostro cosiddetto "Imperatore". - disse con malcelato disprezzo.

    Klodia capì tutto. Gli eritrosiani verdi avevano un carattere irascibile. Probabilmente, l'alieno si era lasciato trascinare in qualche rissa da taverna, oppure aveva combinato qualche guaio, oppure ancora si era ubriacato ed aveva bestemmiato il nome dell'Imperatore.
    In ogni caso, la sua sorte era stata decisa celermente: era destinato a partecipare ai Giochi.

    "Zorg Drak"- disse Klodia formalmente, salutandolo con la mano sinistra che toccò a pungo il petto - "Io ti saluto e ti porgo il mio rispetto. Combatterò con te senza nessuna esitazione, cercando di ucciderti. Ma se sarai a terra inerme, e potrò risparmiarti, lo farò. Io sono Klodia Flaminia Stazio, e sarò il tuo avversario. Preparati, perchè molto probabilmente morirai. Forza e Onore!"

    L'eritrosiano la guardò, improvvisamente ammirato per il rispetto che lei dimostrava per il suo onore di guerriero. "Ed io non sarò da meno. Ti rispetto anche io." - disse - "Forza e Onore." aggiunse subito dopo, battendosi una delle mani sinistre sull'ampio petto.

    I combattenti si allontanarono di qualche passo, e poi tutto ebbe inizio. Klodia scattò come una lepre, e portò alcuni colpi preliminari. L'eritrosiano li parò facilmente, ma entrambi stavano semplicemente studiando il loro avversario.

    Durante i primi minuti di combattimento, le quattro spade lunghe dell'eritrosiano, passato subito all'offensiva com'era costume della sua gente nel combattimento, costituirono apparentemente una seria minaccia per la singola scimitarra della bella guerriera dalla chioma rossa.

    Diverse volte una delle spade fu quasi sul punto di tagliarle la testa, ma Klodia sembrava sempre essere spostata di un centimetro, o anche meno, e i colpi non riuscivano neppure a sfiorarla, in realtà.

    E poi, una volta che Klodia ebbe studiato il proprio avversario, iniziò ad attaccare a sua volta. Sembrava impossibile, ma la scimitarra della guerriera dai capelli rossi, manovrata dal suo debole braccio, metteva in serie difficoltà le quattro spade lunghe dell'eritrosiano.

    Non era il fatto che l'arma di Klodia fosse migliore: non era magica, infatti. Era proprio il modo in cui lei la maneggiava che faceva la differenza.

    Klodia danzava, piroettando, con una grazia che era ammaliante da vedere. Era facile distrarsi guardando il danzare di quei seni dai capezzoli rosso acceso, il dimenarsi e l'ancheggiare di quelle natiche perfettamente rotonde, quando lei eseguiva le manovre di combattimento più spericolate.

    La sua era una danza sensuale, che in qualche modo coinvolgeva l'eritrosiano. Più volte oltrepassò - sembrò impossibile - la guardia di Zorg, ed una volta gli sfiorò persino il membrò virile con la mano libera, in una mossa deliberatamente volta a distrarlo.

    Non c'era disonore in questo: una volta che entravi nell'arena, ogni arma che possedevi, compreso il tuo corpo, era tua da usare. E così entrambi danzarono una danza pericolosa, un danza mortale.

    Presto, Zorg iniziava ad accusare una certa stanchezza. Non era abituato alla pesantezza del mondo di Tangerine. Mentre Klodia muoveva un solo braccio, lui doveva muoverne quattro, di fattura grezza e quindi pesanti e poco maneggevoli; e mentre lei piroettava con grazia, lui si muoveva ogni volta faticosamente, ingombrato da quel fardello.

    Alla fine, Klodia riuscì a ferirlo superficialmente una, due, tre volte, facendo scorrere il suo sangue, di un curioso colore tra il rosso e il verde.

    L'eritrosiano a quel punto capì che non poteva più temporeggiare. Klodia usava le proprie energie con più parsimonia e grazia di lui, e quindi si stancava di meno. Avrebbe dovuto concludere presto il combattimento o - per strano che fosse - sarebbe perito.

    Decise quindi che lei era un'avversaria di tutto rispetto, e quindi cercò di afferrarla. Se solo avesse potuto trattenerla con due delle sue braccia, sarebbe bastato un solo braccio libero per colpirla al cuore ed ucciderla. Oppure le avrebbe spezzato il collo, con le sue possenti mani.

    Zorg decise che le avrebbe donato una morte onorevole, come si meritava.

    "Ora morirai!" - le disse, senza alcuna rabbia, guardandola negli occhi.

    "Ora morirai tu." - lei rispose, senza scomporsi.

    Lui tentò di afferrarla, ma non ci riuscì. Il suo corpo era completamente ricoperto di una patina scivolosa, oleosa, e lui non riusciva ad afferrarla, a ghermirla. Al suo tocco, la pelle semplicemente scivolò via.

    E poi, fu lei ad attaccare, con un colpo micidiale: dopo una finta, fece una piroetta su se stessa e tornò ad attaccare. Le spade dell'eritrosiano si unirono, tutte e quattro, per parare il colpo.

    Ci riuscirono, ma fu allora che Zorg fu colpito da una tremenda scarica elettrica, una scarica che lo mandò disteso a terra, scioccato e con i denti che tremavano, battendo all'impazzata gli uni sugli altri. Si riprese in tempo per evitare di essere decapitato, parando disperatamente all'ultimo attimo.

    Non riusciva a rialzarsi, ora, e la donna gli saltellava intorno, ferendolo agli avambracci, non appena cercava di appoggiarli a terra per rialzarsi.

    In breve, con la stanchezza che si faceva sentire, la maggior forza di gravità di quel mondo che gli rendeva difficile alzare quel corpo dal torace gigantesco e dalle gambe relativamente piccole, la sua sorte fu segnata.

    Perse una mano, mozzata da un colpo improvviso di scimitarra, e dovette usarne un'altra per stringere il moncherino ed evitare di morire dissanguato. Fu poi ferito e disarmato di entrambe le armi rimaste con due colpi molto precisi che gli rovinarono le mani.

    Era finita. Lui era vinto, e quindi si abbandonò alla sua mercè. Lei gli puntò la scimitarra alla gola.

    Il suo fato era segnato, Zorg lo sentiva.

    Klodia esitò, e si voltò verso il palco dell'Imperatore. Velocemente, tutte le urla nel vasto Coliseum si spensero. Rimase solo un silenzio tombale, in attesa della decisione dell'Imperatore.

    L'imperatore alzò la mano ritta innanzi a se, con il palmo in posizione orizzontale, il pollice che avrebbe potuto volgersi in su, oppure in giù. Un solo dito avrebbe deciso la vita dell'eritrosiano.

    Il fato di Zorg dipendeva dalla decisione di un singolo uomo.

    Klodia, ansimando per lo sforzo, guardò il guerriero negli occhi e gli disse: "Sei stato valoroso. Gli Dei sono compiaciuti ed i tuoi antenati saranno fieri di te."

    L'eritrosiano sorrise. "Una morte onorevole, la mia." - disse solo questo, mentre la pozza di sangue su cui giaceva si allagava lentamente, sotto il suo corpo ferito e martoriato.

    L'Imperatore emise la sua decisione, girando il pollice. La folla ammutolì. Scese il silenzio.

    La spada di Klodia trafisse istantaneamente l'eritrosiano al cuore, senza alcuna esitazione, con precisione perfetta, con calma assoluta.

    La vita dell'alieno si spense, in un sussurro.

    Quel giorno, la leggenda di Klodia, la figlia del Grande Mago di Corte, la figlia ribelle, che rischiava la vita nell'Arena per il puro divertimento - e per dimostrare a se stessa di poter essere una donna d'armi - si arricchì di una nuova storia.

    "Come Klodia sconfisse l'eritrosiano verde" - fu la ballata che fu composta da numerosi bardi, contemporaneamente.

    Alzando la spada al cielo, Klodia guardò l'immensa moltitudine del popolo revannano che l'osannava, assaporando la sensazione del trionfo. Era finita per lei oggi, si sarebbe concessa, questa sera stessa, tre dei gladiatori più belli e forti.
    Era questo il suo premio, infatti: lei non combatteva per denaro.

    "Il Cuore di Revanna è un cuore di Sabbia, la Sabbia del Coliseum" - disse a se stessa, mentre petali di rosa scendevano su di lei come una cascata, sotto il gentile tramonto della primavera di Revanna.






    Edited by LelouchDeLamperouge - 24/4/2020, 02:03
     
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    Ricompense per interpretazione: 400 PX, 260 MO, 1 Punto H, un'ama diventa magica (+1), Intrattenere (pratiche sessuali) diventa un'Abilità di Classe.

    Segnate le ricompense nella vostra Scheda PG e linkate questa pagina.




     
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